I taccuini di Tarrou – 178

Penso ai grandi demoni letterari: il Mefistofele di Goethe è il più perfetto, con il suo ultra-nichilismo che tutto, ma proprio tutto nega, con la sua ironia che tutto corrode, se stesso compreso, con la sua depravazione che tutto desidera (se c’è un personaggio in particolare che contribuisce a rendere il Faust una delle opere più grandi mai scritte, è proprio Mefistofele, di gran lunga superiore al protagonista); il demone di Lermontov è il più umano, con il suo folle desiderio d’amore e di salvezza, irrealizzabile e straordinariamente drammatico; il diavolo di Mann è il più crudele, perché priva Leverkühn della sola cosa che per un uomo conta davvero, l’amore; il Wooland di Bulgakov è il più generoso, il più magnanimo, sarei tentato di scrivere il più buono, con la sua profonda comprensione dell’animo umano; il diavolo di Dostoevskij, il doppio di Ivan Karamazov, è il più… russo, nella sua trasandatezza, nella sua scandalosa sincerità, che lo avvicina molto al Karamazov padre.

Michail Vrubel’, Il Demone seduto
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